Scritto da Fabio Vitucci
Sabato 14 Agosto 2010 07:48
La riflessione di don Marcello Cozzi, referente di Libera per la Basilicata e impegnato da anni nella lotta alle Mafie, in un incontro a Melfi sulla legalità.
“In Italia non stiamo certo vivendo un bel momento… ma nelle città, nei paesini, tra i giovani, c’è un bel fermento”, queste le prime parole dell’intervento di don Marcello Cozzi durante il convegno ‘Percorsi di Legalità’ organizzato dal movimento politico-culturale ‘Liberi di Esserci’ nella splendida cornice del palazzo vescovile di Melfi (Pz). Un incontro dedicato soprattutto ai giovani, quei giovani che “non si arrendono ad una lenta ma inesorabile deriva della legalità” e che invece di quella legalità vogliono essere addirittura sentinelle.
La serata si è aperta con la relazione introduttiva di Pietro Monico, presidente di ‘Liberi di Esserci’, che ha raccontato la sua passione e il suo impegno per la legalità, da quando, a soli 9 anni, ascoltò alla radio il resoconto dell’attentato a Paolo Borsellino. E da lì la sua scelta di studiare Legge, la sua attività nel comitato “Falcone e Borsellino” di Foggia e la creazione di questo movimento nella sua città natale.
Paolo Palumbo, uno dei fondatori di A.MI.C.A., l’Associazione per il MIglioramento delle Condizioni Ambientali, ha testimoniato invece l’attività del suo gruppo a Palazzo San Gervasio, paesino lucano anch’esso inquinato dalle organizzazioni mafiose, ed in particolare da Antonio Sciarra, malavitoso locale al quale la Giustizia ha confiscato beni e proprietà. “E nonostante questo – ha raccontato – è stato difficilissimo ottenere la disponibilità di queste proprietà come previsto dalla Legge: gli amministratori locali preferivano lasciare gli immobili in stato di abbandono pur di non fare uno sgarro ad Antonio Sciarra”. Ma dopo dure lotte, e grazie anche all’impegno di don Marcello, A.MI.C.A. ce l’ha fatta ed ha ottenuto una palazzina da destinare ai lavoratori stagionali extra-comunitari, sfruttati ogni anno e senza un posto dignitoso dove vivere. “Oggi per noi è importante soprattutto poter fare il nome dei malavitosi senza paura. Mi raccomando, ragazzi che tenete a cuore la legalità: andate avanti e non fermatevi mai nel vostro impegno!”.
Don Marcello Cozzi, autore del libro-denuncia ‘Quando la mafia non esiste - Malaffare e affari della mala in Basilicata’, ha chiuso la serata col suo intervento, più volte interrotto dagli applausi del pubblico: “E’ inutile nascondersi, in Italia ci stiamo assuefacendo alla mancanza di legalità: reati che spariscono, reati che non possono essere perseguiti, senatori e deputati condannati per mafia, da Cuffaro a Dell’Utri a Cosentino. Per fortuna però c’è un intero esercito di giovani che hanno voglia di fare, che hanno voglia di non abbattersi, che sanno di dover essere sentinelle di legalità. C’è aria di una nuova primavera: lo vedo nelle iniziative di Libera, l’ho visto nella manifestazione a Potenza dopo il ritrovamento del corpo di Elisa Claps, lo scorso 20 marzo, con 10mila persone in piazza. Ormai la lotta alla mafia non è più militare, ma sociale e culturale!”. E come un fiume in piena, don Marcello ha proseguito: “Bisogna vigilare, bisogna ricordare che la Mafia delle Parole è una delle forme mafiose peggiori: ormai ci fanno credere che ‘archiviare’, ‘ prescrivere’ e ‘assolvere’ sia la stessa cosa, ma non è così! Dobbiamo lottare, altrimenti in Italia perderemo il concetto di democrazia, e già ora c’è un forte deficit, come hanno ricordato qualche giorno fa i Vescovi parlando di un paese senza classe dirigente”.
Parole forti quelle di don Marcello, che hanno fatto tremare le mura del palazzo vescovile, soprattutto quando ha ricordato che è necessario fare nomi e cognomi, ricordare che Andreotti non è stato assolto ma il suo reato è caduto in prescrizione, che non esistono “gradazioni di mafiosità” ma si è “mafiosi e basta”, che a Melfi bisogna opporsi alla faida tra le famiglie Cassotta e Delli Gatti che continua ad insanguinare la città… “Deve sì far paura la mafia, ma anche i poteri forti, i poteri segreti, certi settori deviati dello Stato, quella politica che va a braccetto con la mafia”. E noi dobbiamo vigilare e denunciare, perché, come ha detto Saviano, minacciato di morte come lo stesso don Marcello, “è quando varchi la linea del silenzio, e raggiungi molti, che incidi. È allora che fai paura al potere criminale.” E questi giovani, ne siamo sicuri, fanno già paura a molti malavitosi.
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