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giovedì 5 agosto 2010

Dopo il primo viaggio in Africa




Il mio primo viaggio in Africa è stato molto breve ma, grazie alle persone eccezionali che mi hanno ospitato e fatto da guida, è stato ricco di grandi emozioni e mi ha fatto riflettere molto.

Ho voluto condividerlo con voi, amici lettori, affinché mediante il mio racconto possiate come me conoscere meglio una realtà molto diversa dalla nostra, sebbene a poche ore di volo da noi.

Affinché come me possiate comprendere che spesso le nostre insoddisfazioni per le difficoltà di ogni giorno, per la “crisi” economica che stiamo vivendo, per le tante cose che non funzionano come vorremmo, possono essere superate pensando a chi davvero versa in condizioni di disagio e povertà estreme e tuttavia non si lamenta, anzi ha sempre il sorriso sulle labbra.

Ho voluto condividere con voi questa esperienza anche per coinvolgervi a partecipare alle iniziative che insieme ai miei compagni di viaggio stiamo intraprendendo a favore della popolazione della Guinea Bissau.

Ho condiviso con voi ogni giorno trascorso tra quella povera gente ed ora che il viaggio è terminato non ho vergogna a trasmettervi anche quali sono i miei sentimenti.

Dal mio rientro in Italia alcune cose sono cambiate per me. Considero superflue e senza senso molte cose che prima reputavo importanti. Cerco di vedere in ogni cosa l’essenziale, il “davvero importante”.

Conoscere quella povera gente, entrare nei loro villaggi senza alcuna pubblica infrastruttura, nelle loro capanne non ammobiliate e prive di servizi, entrare con loro nelle loro chiese spoglie e vederli pregare e cantare come se fossero le persone più felici di questa terra, entrare nelle loro aule scolastiche prive di pavimenti, di libri e quaderni e con i banchi di canna di bambù ed ammirare il loro impegno nel voler apprendere per migliorarsi ad ogni costo; constatare di persona la povertà più assoluta, quella che li muove ogni mattina, dal più piccolo al più grande, alla ricerca degli elementi indispensabili per la sopravvivenza, un frutto, una radice, un sorso d’acqua, scalzi e sporchi, nelle condizioni più misere, in assenza di un minimo di igiene … lascia un segno nell’anima.

Trovare nonostante tutto negli loro occhi e nei loro sorrisi la gioia di esistere e la voglia di vivere, di amarsi, di aiutarsi, osservarli gioire per una mia stretta di mano, per un abbraccio o una carezza, per uno sguardo scambiato anche solo da lontano, come se avessi portato loro chissà quale grande regalo, è stata per me una lezione di vita straordinaria ed indimenticabile.

Dal mio rientro a casa i miei sonni sono molto agitati, mi sveglio spesso con la sensazione di essere circondato da quei bambini che mi tendono le mani, da quegli occhi vispi che mi invitano a restare con loro a giocare o magari a fare lezione .

Alle primissime luci dell’alba mi pare di sentire il canto del musulmano e durante il giorno mi sembra di vederli ancora tutti attorno a me.

Sono passati ormai dei mesi ma non riesco ancora a togliermi dal collo l’umile collanina che Michaela, una bimba poverissima di nove anni, mi allacciò al collo in segno di amicizia dopo averla tolta dal suo .

Ora so cos’è quello che chiamano “mal d’Africa” !...
Tuttavia è una sensazione piacevolissima: non vedo l’ora di poter ritornare laggiù per tendere io le mie mani a loro, specialmente a quelli che ho conosciuto nei villaggi più sperduti all’interno della foresta tropicale; a quelli che le statistiche descrivono tra i più poveri della terra ma che sono, a mio avviso, i più ricchi perché non conoscendo il valore del denaro non ne avvertono il bisogno e vivono accontentandosi dei frutti della natura che li circonda; a quelli che si alzano presto e che percorrono tanta strada a piedi per procurarsi il cibo e l’acqua, che vivono aiutandosi ogni giorno come fratelli e che al tramonto accendono un fuoco davanti alla capanna e vi si siedono intorno per riscaldarsi dal freddo della notte, raccontandosi durante la frugale cena gli avvenimenti della giornata; a quelli che quando scende la sera dormono per terra su una stuoia nelle loro misere capanne di fango e di paglia, aspettando insieme ai loro bambini che sorga di nuovo il sole e potergli ancora sorridere come hanno fatto tantissimo con me in questo meraviglioso viaggio …

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